presentato quattro anni fa da 18 cittadini di Somma Vesuviana, secondo i quali lo stato italiano aveva lasciato che la situazione degenerasse senza mettere in atto le misure necessarie, e senza avvertire i cittadini dei danni che l’esposizione prolungata alle esalazioni provenienti dai cumuli di spazzatura poteva provocare sia all’ambiente che alla loro salute. Il collegio giudicante non ha tuttavia ritenuto che vi sia stata assenza o occultamento di informazioni e nemmeno che il diritto alla vita (tutelato dall’art. 2 della Convenzione) sia stato in qualche modo compromesso. Secondo la seconda sezione della Corte infatti nessuno dei ricorrenti ha lamentato danni personali alla salute legati all’esposizione ai rifiuti, e gli studi scientifici prodotti dalle parti, hanno raggiunto conclusioni discordanti circa l’esistenza di un nesso di causalità tra la cattiva gestione del ciclo dei rifiuti in Campania e l’aumento del rischio di patologie di varia natura e di malformazioni genetiche. Questo malgrado la Corte di giustizia dell’Unione Europea, chiamata a pronunciarsi sulla questione dell’immondizia campana (sentenza C-297/08), abbia affermato che l’accumulo di quantità importanti di rifiuti sulle strade pubbliche e le aree di stoccaggio temporaneo sono in grado di danneggiare la salute dei residenti. La Corte ha però condannato il governo italiano per non aver dato ai richiedenti la possibilità di ricorrere in giustizia contro tale situazione. Inoltre, secondo i giudici, l'impossibilità per lo Stato di assicurare la raccolta e l'eliminazione dei rifiuti non costituisce una “causa di forza maggiore” e non può dunque essere addotta dalle autorità italiane come scusante. Ai ricorrenti è stato negato il riconoscimento di un indennizzo di 15mila euro per danni morali, ritenendo il collegio che la pronuncia stessa che riconosce la violazione del diritto al rispetto della vita privata e familiare sia sufficiente a riparare il torto subìto. Tuttavia è stato stabilito che lo Stato italiano dovrà versare all'avvocato Errico di Lorenzo, che oltre a rappresentare il gruppo è uno dei ricorrenti, 2.500 mila euro per le spese legali sostenute. Di Lorenzo ha comunque voluto sottolineare l’importanza della decisione Come da lui spiegato ailfattoquotidiano.it, <
mercoledì 11 gennaio 2012
Rifiuti in Campania: la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo condanna l’Italia
da il Levante - Lo Stato italiano si è dimostrato incapace di gestire l’emergenza rifiuti in Campania e ha costretto gli abitanti del luogo a vivere lunghi periodi tra i rifiuti, negando loro il diritto al rispetto della vita privata e familiare. Lo ha stabilito la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo in una deliberazione non definitiva (nel senso che entro tre mesi è possibile un ricorso in appello alla Grand Chambre della Corte), che ha rilevato nell’atteggiamento di immobilità e inettitudine delle istituzioni del nostro paese una palese violazione dei principi contenuti nell’art. 8 della “Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali”.
A danneggiare i cittadini, nello specifico, secondo la Corte di Strasburgo, è stata “l'incapacità prolungata delle autorità italiane ad assicurare il funzionamento regolare del servizio di raccolta, trattamento e eliminazione dei rifiuti”.
L’organo giurisdizionale del Consiglio d’Europa (organizzazione internazionale che nulla ha a che vedere con l’UE e le istituzioni comunitarie) ha così accolto parzialmente il ricorso
presentato quattro anni fa da 18 cittadini di Somma Vesuviana, secondo i quali lo stato italiano aveva lasciato che la situazione degenerasse senza mettere in atto le misure necessarie, e senza avvertire i cittadini dei danni che l’esposizione prolungata alle esalazioni provenienti dai cumuli di spazzatura poteva provocare sia all’ambiente che alla loro salute. Il collegio giudicante non ha tuttavia ritenuto che vi sia stata assenza o occultamento di informazioni e nemmeno che il diritto alla vita (tutelato dall’art. 2 della Convenzione) sia stato in qualche modo compromesso. Secondo la seconda sezione della Corte infatti nessuno dei ricorrenti ha lamentato danni personali alla salute legati all’esposizione ai rifiuti, e gli studi scientifici prodotti dalle parti, hanno raggiunto conclusioni discordanti circa l’esistenza di un nesso di causalità tra la cattiva gestione del ciclo dei rifiuti in Campania e l’aumento del rischio di patologie di varia natura e di malformazioni genetiche. Questo malgrado la Corte di giustizia dell’Unione Europea, chiamata a pronunciarsi sulla questione dell’immondizia campana (sentenza C-297/08), abbia affermato che l’accumulo di quantità importanti di rifiuti sulle strade pubbliche e le aree di stoccaggio temporaneo sono in grado di danneggiare la salute dei residenti. La Corte ha però condannato il governo italiano per non aver dato ai richiedenti la possibilità di ricorrere in giustizia contro tale situazione. Inoltre, secondo i giudici, l'impossibilità per lo Stato di assicurare la raccolta e l'eliminazione dei rifiuti non costituisce una “causa di forza maggiore” e non può dunque essere addotta dalle autorità italiane come scusante. Ai ricorrenti è stato negato il riconoscimento di un indennizzo di 15mila euro per danni morali, ritenendo il collegio che la pronuncia stessa che riconosce la violazione del diritto al rispetto della vita privata e familiare sia sufficiente a riparare il torto subìto. Tuttavia è stato stabilito che lo Stato italiano dovrà versare all'avvocato Errico di Lorenzo, che oltre a rappresentare il gruppo è uno dei ricorrenti, 2.500 mila euro per le spese legali sostenute. Di Lorenzo ha comunque voluto sottolineare l’importanza della decisione Come da lui spiegato ailfattoquotidiano.it, <>.
presentato quattro anni fa da 18 cittadini di Somma Vesuviana, secondo i quali lo stato italiano aveva lasciato che la situazione degenerasse senza mettere in atto le misure necessarie, e senza avvertire i cittadini dei danni che l’esposizione prolungata alle esalazioni provenienti dai cumuli di spazzatura poteva provocare sia all’ambiente che alla loro salute. Il collegio giudicante non ha tuttavia ritenuto che vi sia stata assenza o occultamento di informazioni e nemmeno che il diritto alla vita (tutelato dall’art. 2 della Convenzione) sia stato in qualche modo compromesso. Secondo la seconda sezione della Corte infatti nessuno dei ricorrenti ha lamentato danni personali alla salute legati all’esposizione ai rifiuti, e gli studi scientifici prodotti dalle parti, hanno raggiunto conclusioni discordanti circa l’esistenza di un nesso di causalità tra la cattiva gestione del ciclo dei rifiuti in Campania e l’aumento del rischio di patologie di varia natura e di malformazioni genetiche. Questo malgrado la Corte di giustizia dell’Unione Europea, chiamata a pronunciarsi sulla questione dell’immondizia campana (sentenza C-297/08), abbia affermato che l’accumulo di quantità importanti di rifiuti sulle strade pubbliche e le aree di stoccaggio temporaneo sono in grado di danneggiare la salute dei residenti. La Corte ha però condannato il governo italiano per non aver dato ai richiedenti la possibilità di ricorrere in giustizia contro tale situazione. Inoltre, secondo i giudici, l'impossibilità per lo Stato di assicurare la raccolta e l'eliminazione dei rifiuti non costituisce una “causa di forza maggiore” e non può dunque essere addotta dalle autorità italiane come scusante. Ai ricorrenti è stato negato il riconoscimento di un indennizzo di 15mila euro per danni morali, ritenendo il collegio che la pronuncia stessa che riconosce la violazione del diritto al rispetto della vita privata e familiare sia sufficiente a riparare il torto subìto. Tuttavia è stato stabilito che lo Stato italiano dovrà versare all'avvocato Errico di Lorenzo, che oltre a rappresentare il gruppo è uno dei ricorrenti, 2.500 mila euro per le spese legali sostenute. Di Lorenzo ha comunque voluto sottolineare l’importanza della decisione Come da lui spiegato ailfattoquotidiano.it, <
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