Roma deferita da Bruxelles per non essersi pienamente adeguata alla direttiva sul rendimento energetico in edilizia. Ora rischiamo una condanna con relativa ammenda . RISCHIA di costare ancora una volta cara l'incapacità italiana di adeguarsi alle regole eruopee, soprattutto quando si tratta di tutela dell'ambiente. Dopo le diverse condanne e procedure aperte in materia di gestione dei rifiuti 1, ora è il tema dell'efficienza energetica a essere finito nel mirino del Bruxelles. Roma dovrà rispondere infatti davanti alla Corte di giustizia dell'Ue per non essersi pienamente adeguata alla direttiva sul rendimento energetico nell'edilizia. Un procedimento che potrebbe concludersi con l'ennesima ammenda comminata all'Italia. La nostra normativa, secondo quanto spiegato oggi dalla Commissione europea, non è conforme alle disposizione relative ai certificati energetici. Un problema che era già stato
sollevato da una serie di "avvisi" 2, come prevede la procedura comunitaria, caduti però evidentemente nel vuoto.
Il certificato energetico consente di avere un quadro dei consumi energetici di un edificio (si va dai superefficienti in classe A+ ai colabrodo in classe G) e quindi dei relativi costi. Si tratta di un documento obbligatorio secondo la direttiva Ue in fase di costruzione, compravendita o affitto di un edificio (quest'ultimo obbligo è scattato a gennaio 3, ma senza che siano state previste sanzioni per gli inadempienti), che va compilato da esperti qualificati.
Attualmente, la direttiva italiana non prevede questo requisito per tutti gli edifici e comprende deroghe all'obbligo di certificazione da parte di un tecnico abilitato, che non sono previste nella direttiva. Un'inchiesta di Presa diretta su Raitre ha dimostrato inoltre recentemente quanto sia facile in Italia ottenere una certificazione energetica di comodo e quanto poco sia stato fatto in termini culturali per diffondere la consapevolezza dell'importanza di questo strumento. Anche le abitazioni di più recente costruzione presentano infatti rendimenti energetici molto bassi in quanto prive di banali accorgimenti per ridurre dispersioni e consumi.
Davanti alla Corte europea di giustizia le autorità italiane dovranno rispondere anche della mancata comunicazione delle misure di attuazione relative alle ispezioni dei sistemi di condizionamento d'aria. La direttiva Ue infatti prevede ispezioni periodiche che includano una valutazione dell'efficienza del sistema e delle sue dimensioni, corredata da raccomandazioni in merito ai possibili miglioramenti.
Gli edifici sono all'origine di circa il 40% dei consumi energetici e del 36% delle emissioni di CO2 nell'Unione europea e con queste regole si cerca di ridurli, contribuendo alla lotta contro i cambiamenti climatici e a rafforzare la sicurezza energetica dell'Unione. Il 68% di questa energia serve per il riscaldamento degli ambienti, il 18% per gli usi elettrici, il 9% per riscaldamento dell'acqua e il 5% per cucinare. Un'enorme miniera di potenziali risparmi finita al centro sia del Piano di efficienza energetica dell'Unione Europea sia di quello nazionale. Quest' ultimo affida agli interventi sugli edifici quasi il 50% dell'obiettivo nazionale al 2016 e al 2020. Senza dimenticare che una direttiva europea impone che entro il 31 dicembre 2020 tutti gli edifici di nuova costruzione siano edifici a energia quasi zero, termine anticipato al 31 dicembre 2018 per quegli edifici di nuova costruzione che siano occupati da enti pubblici e di proprietà di questi ultimi. Risultati che sarà difficile centrare se non si inverte la rotta.
"L'Italia - assicurà però il ministro dello Sviluppo economico Corrado Passera - si impegnerà molto sull'efficienza energetica ed eviterà il deferimento alla Corte di giustizia". "E' una grande opportunità - sottolinea - in questo caso il mondo pubblico, le scuole e gli ospedali, tutto il patrimonio immobiliare pubblico potrebbe diventare un portabandiera di investimenti, che si possono in taluni casi autofinanziare, in efficientamento energetico".
FONTE di VALERIO GUALERZI -
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